20.01.2020
S’arresta la missione sull'Hymalaia di Simone Moro e Tamara Lunger. "Epilogo funesto sfiorato"
Tutto è bene quel che finisce bene. Domenica 19 gennaio giungono notizie dure dall'Himalaya. Simone Moro scrive infatti: "Senza stare a girare troppo attorno al concetto, ieri siamo arrivati veramente a un soffio da un epilogo tragico e funesto sia per me che per Tamara." Un'insidia tra i ghiacci, infatti, ha rischiato di inghiottire i due alpinisti Simone Moro e Tamara Lunger. Ecco cosa è successo.
Il racconto dalle parole di Simone Moro e Tamara Lunger
Un evento imprevedibile e potenzialmente irreversibile è occorso a Simone e Tamara intenzionati a passare due notti sulla montagna, mentre stavano raggiungendo Campo 1 per poi, da lì, l'indomani dirigersi verso Campo 2. Finalmente fuori da una cascata di ghiaccio, superato anche un ultimo grosso crepaccio, procedevano sul plateau sommitale. Sempre legati e con le antenne dritte, perché i crepacci sono sempre in agguato, ma con il morale alto e la soddisfazione di aver superato tutto il grande labirinto di ghiaccio. Ma la giornata non era finita e riservava terribili sorprese. Scrive Simone Moro "Approcciando un crepaccio mi sono messo come sempre in posizione per assicurare Tamara che per prima lo ha attraversato e si è poi portata in zona di sicurezza, 20 metri oltre il crepaccio. Poi è venuto il mio turno e dopo una frazione di secondo, mi si è aperta una voragine sotto i piedi e sono precipitato. Tamara ha subìto uno strappo tanto violento che è letteralmente volata fino al bordo del crepaccio e io in caduta libera a testa in giù per 20 metri sbattendo schiena gambe e glutei sulle lame di ghiaccio sospese nel budello senza fine in cui continuavo a scendere. Largo non più di 50 cm, tutto buio. Sopra Tamara aveva la corda avvolta intorno alla mano e gliela stringeva come una morsa e le provocava dolori lancinanti e insensibilità. Io ero al buio e lei lentamente scivolava sul ciglio del crepaccio. Il tutto complicato dal fatto che lei aveva le racchette da neve ai piedi. Sono riuscito con una mano a mettere un primissimo precario ancoraggio e, pur sentendomi lentamente scendere verso l’abisso ho avuto la lucidità di prendere la vite da ghiaccio che avevo all’imbrago e fissarla nella parete liscia e dura del crepaccio. Quella vite ha fermato lo scivolamento mio e la probabile caduta nel crepaccio di Tamara. Da lì, senza entrare nei dettagli, ci siamo inventati il modo di uscire. Quasi due ore dopo. Contorsionismi e mille sforzi mi hanno permesso al buio e schiacciato tra due pareti larghe 50 cm e risalire in piolet traction tutto il crepaccio." Ripresi dallo shock, sono rientrati al campo base che, nel frattempo allertato e rassicurato via radio, ove è stata organizzata l’evacuazione con richiesta di accertamenti medici per entrambi. "Oggi i dolori sono più forti e la mano di Tamara parzialmente insensibile e non utilizzabile" aggiunge Simone Moro. Una battuta d'arresto per la missione che lascia l'amaro in bocca, ma davvero immenso il sollievo di sapere salvi i nostri alpinisti. In bocca al lupo per la ripresa, cari Tamara e Simone!